I Gonfaloni del Palio

Premessa

Alfieri Tessa autore dei Gonfaloni del Palio

Il madonninese Alfieri Tessa, sulla porta esterna dello studio di casa, in Via San Giorgio alla Colombaia, con la tela del Palio (quello “attuale”) che aveva appena finito di dipingere.

Ogni tanto, negli anni ormai passati, ho assistito, in disparte, allo svilupparsi di una polemica fra coloro che reclamavano in assoluto l’idea creativa del “Palio dei Micci”, comunque sempre rimanendo sicura la sua nascita nell’ambito di un consiglio dell’allora Comitato Cittadino “Pro-Querceta”, oggi Pro Loco di Querceta.
Per quanto riguarda i Gonfaloni del Palio mai vi sono state polemiche, ma a distanza di tempo, quando mi è capitato di parlarne con amici, ho scoperto, e con sorpresa, una quasi totale disinformazione sulla nascita di questo oggetto, conteso poi con tanta passione da ogni contrada che ambisce conquistarlo per suo conto, allo scopo di poterlo custodire per un intero anno, alla scadenza del quale deve essere riconsegnato; eppure nel libro del Roni (Roberto Roni – Origini del Palio dei Micci – ed. Versilia Oggi 1980, ndr) un qualcosa vi è accennato. Sicuramente il suo valore sta in questa essenza, che poi è la soddisfazione di averlo vinto e basta, magari vinto più volte.
È certo che non tutti sanno che di Gonfaloni del Palio ce ne sono due, e con un amico stretto, e di vecchia data, ho perfino dovuto discutere, e faticare non poco, per convincerlo sulla paternità di chi dipinse il primo Palio, fra l’altro definitivamente nelle mani della sua Contrada (La Lucertola) già dall’inizio del 1964, quando lo vinse per la quarta volta, sulle otto edizioni previste, all’inizio, dal Comitato Cittadino “Pro-Querceta”, avendolo vinto per tre volte “La Madonnina” e per una volta “Il Ponte”. Neanche ricordava che è firmato, eppure, nel 1956, quando lo vinse per la prima volta queste cose le sapeva!

Il primo dei Gonfaloni del Palio

Il primo dei Gonfaloni del Palio

Il primo dei Gonfaloni del Palio

Il primo dei gonfaloni del Palio lo dipinsi dal sabato 10 marzo al successivo venerdì 16, del 1956. Pochi giorni mi dettero, perché prima non ci avevano pensato. Mi fu ordinato il 9 marzo dal barone Rodolfo Cope (capo commissione della nuova manifestazione folkloristica) e da Raffaello Giannotti. Parlammo della cosa nell’ufficio tecnico della Ditta Menchini Guido & F.llo, dove ero impiegato. Naturalmente era presente Carlo Menchini, e anche suo padre, l’anziano Beppe. Come soggetto obbligato mi fu indicato “la Fuga in Egitto”.
Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno ebbi il materiale richiesto. Così, il sabato, nelle ore presto del mattino e alla sera dopo la giornata lavorativa, come usava a quel tempo, iniziai a comporre il quadro, disegnandovi San Giuseppe e la Madonna; quest’ultima in groppa ad un asino intanto che fra le braccia stringeva il suo Bambino Gesù, tutti in fuga verso l’Egitto per evitare la strage ordinata da Re Erode; volendo con ciò raffigurare la più antica fuga conosciuta in cui vi fosse un asino (“Miccio” nel gergo versiliese).
Lavorai con passione negli intervalli del lavoro professionale, particolarmente al mattino presto e alla sera dopo cena, poi per poterlo finire in tempo utile ebbi qualche ora di ferie negli ultimi due pomeriggi.
Rappresentai le figure in movimento da sinistra verso destra di chi guarda.
La sera del 15 marzo ebbe luogo una visita nella mia abitazione per vedere come prendeva corpo l’opera ordinata. Allora abitavo a lato della Via Aurelia, dalla parte verso il mare, alla Madonnina, dietro un’altra casa, e le mie tre stanze guardavano il fianco occidentale della casa in cui abitava la famiglia del Landi Giocondo, a poche decine di metri.
Vennero il barone Cope e il Giannotti Raffaello, erano accompagnati dal Menchini Carlo; entrammo nella stanza dove avevo il mio studio, luogo freddo da morire; lì, appoggiato al tavolo da disegno, era in mostra il “Palio”, da finire entro il giorno dopo. Il sabato mattina, 17 marzo, sarebbero venuti a ritirarlo, anche se la vernice era ancora troppo fresca in alcuni punti.
Il lavoro piacque ai presenti, che si complimentarono, felici soprattutto di avere un qualche cosa da consegnare al vincitore, come era stato promesso. Gli offersi un caffè che sorbimmo discutendo su quella nuova festa, che ormai era alle porte. Ma in quella stanza fredda, dopo essere uscito dalla cucina assai calda, incominciai a sentirmi male, la testa mi pareva girasse, e non erano le sigarette fumate durante la conversazione; giacché da fumatore non avevo mai avuto quei disturbi, a quel punto non vedevo l’ora che andassero via, e ciò pensavo con rammarico.
Finalmente se ne andarono e allora confidai a mia moglie quel mio malessere, lei mi vide diventare bianco in volto, e subito mi liberai lo stomaco del peso che lo affliggeva, era in atto una bella congestione, che dopo mi passò con una bella dormita.
Il 17 marzo il Palio passò nella mani della sarta, anzi della tappezziera, che iniziò a foderarlo posteriormente con striscie verticali di sostegno e per poi aggiungere cordoni con pennacchi penzolanti, il tutto per essere pronto nella tarda mattinata della domenica 18 Marzo.
Venne il pomeriggio del giorno 18, giornata promettente dopo la pioggia.
Le contrade partecipanti fecero la loro prima sfilata trasferendosi dal centro di Querceta al campetto detto delle Catene, posto fra gli olivi. In testa marciava l’alfiere a cavallo: era lui che teneva alto il gonfalone del Palio. Un conducente teneva per il morso il cavallo; ma, al momento di lasciare la stradella per entrare nel campetto, il cavallo ebbe una sbandata e il cavaliere ruzzolò per terra, il Palio finì in una pozzanghera e si infangò. Anna, mia moglie, che avevo a braccetto mi disse:
– Hai visto?!? Neanche volevi che andassi a spolverare nel tuo studio perchè avevi paura che la polvere si attaccasse alla vernice fresca…! Sei contento ora, che l’hanno ridotto così! –
Vennero poi le contestazioni degli anni successivi, che ho vissuto in prima persona con la mia contrada, con notti insonni e tanta sofferenza, neanche lontanamente pensata quando dipingevo quel coso, chi lo aveva, nel nasconderlo, lo trattò male, lo spiegazzò; tant’è che dopo alcuni anni risultò assai sciupato. Dopo quel primo anno, una persona che incontrai mi dette soddisfazione, era il pittore Bertozzi Egisto di Ripa, che avevo conosciuto nel periodo dello sfollamento a Ruosina, nel 1945, apprezzò il dipinto e quando altri presenti gli dissero che ne ero l’autore subito si complimentò con me.
Ma vorrei ritornare a quel primo giorno del Palio, perché in quella occasione ci divertimmo davvero, e non mi sono mai dimenticato le risate di mia suocera, una milanese che all’occorrenza mescolava il suo dialetto col nostro, si divertiva osservando la scena mentre alcune donnette si sbellicheravano dalle risa intanto che gridavano: – Guardate il miccio del Menchini come cmina a cularriéto!
Ciò riferito, naturalmente, al somaro della contrada del Marzocchino, e non alla persona dell’anziano Beppe Menchini, che si sgomentava vedendo allontanarsi la vittoria sperata.
Erano altri momenti, e ripensati oggi sembravano anche più divertenti, se pure in quanto a bellezza delle contrade sono stati largamente superati.

Il secondo dei Gonfaloni del Palio

Il secondo dei Gonfaloni del Palio

Il secondo dei Gonfaloni del Palio

Il secondo Palio mi fu ordinato dal geom. Giuseppe Bambini, allora presidente della Pro-Loco Querceta, dopo che, per rispettare il regolamento, il primo “Palio” restò alla Contrada de “La Lucertola”, per il maggior numero di vittorie (quattro, n.d.r), come ho già detto.
Questo “nuovo” Palio è nato nel 1965, alla Colombaia, sempre in contrada Madonnina dei Pagliai come il primo, giacché lo dipinsi nella mia nuova casa di via San Giorgio. Anche per questa operazione, com’è usanza in queste cose, ebbi a disposizione pochi giorni.
Pure in questo nuovo gonfalone doveva essere rappresentata la “Fuga in Egitto”. Allora, per non farlo apparire uguale all’altro mi fu suggerito di adottare qualche accorgimento, magari differenziandone lo stile esecutivo.
Come prima cosa, una volta all’opera, sempre nei momenti liberi dal lavoro professionale, cambiai il movimento di marcia delle figure, così da farli apparire diretti da destra verso sinistra di chi guarda. Dopo questa variazione adottai uno stile più moderno, esemplificando al massimo la costruzione delle vesti e, cosa più importante, mettendo in evidenza la premura di far presto a fuggire, dando l’idea di camminare assai svelti, magari con l’apparente rifiuto bizzarro dell’asino, esaltando con ciò la caratteristica propria della nostra corsa, vista nell’imprevedibilità somaresca, per non dire miccesca.
Quando lo ebbi finito lo fotografai sul terrazzo al primo piano, sorretto da Paolo, mio figlio, che vi restò nascosto dietro.
Per dovere di cronaca avevo dimenticato di dire che il primo Palio, fu fotografato davanti al cancello per il quale si accede nella casa dell’allora Landi Giocondo.
Per questo gonfalone non ci sono episodi particolari da raccontare, ma ancora può essere detto che ebbe rifiniture con fodere, cordoni e pennacchi come il primo, e che subito, in quella decima edizione, contando il Palio scovato non assegnato, fu di nuovo “La Lucertola” a conquistarlo, con l’onore di essere la prima contrada ad applicarvi il proprio emblema di contrada, esattamente come nel primo.
Giunti a questo punto una cosa è doveroso dirla, e questa si riferisce a una decisione presa dalla ProLoco e contrade, dopo discussioni a non finire in quegli anni, perché fu deciso di lasciare in competizione questo gonfalone, e tale risoluzione avvenne in modo definitivo. Sorse però col tempo, un inconveniente, si erano esauriti gli spazi a disposizione per figurarvi l’emblema della Contrada vincitrice. Negli anni a venire, i contradaioli di parte vittoriosa, iniziarono a dipingere gli stemmi nei punti più impensati: uno, persino, aderente alla testa del Bambino Gesù. Se la ProLoco non avesse preso gli opportuni provvedimenti, molto probabilmente, oggi, risulterebbero nascoste anche le facce delle figure. Il Sig. Federigi Anacleto, capo commissione dei festeggiamenti per il 1978, si rivolse quindi a me, come spesso faceva secondo necessità, avendo piena fiducia nel mio operato di consigliere personale, oltre che collaboratore apprezzato, e in certi anni anche come consigliere eletto nella ProLoco di Querceta. Alla sua richiesta di soluzione convenimmo che sarebbe stato utile aggiungere due bande doppie, disposte lateralmente, sulle quali, via via, apporre i nuovi emblemi delle contrade vincitrici. Con questa risoluzione, appositamente studiata, fu risolto il problema, e avrebbe permesso di oltrepassare abbondantemente l’anno 2000. Questa volta, per prima, fu la contrada “La Madonnina” a iniziare la nuova serie di scudetti, con la vittoria del 1978.

Auguri e buona fortuna a tutti, con particolare riguardo alla contrada che vi potrà aggiungere lo scudetto con emblema siglato: anno 2000. Ed ora non si offendano le altre contrade se dico: forza Madonnina! Fa che la vittoria sia nuovamente tua!

Alfieri Tessa

Da un articolo di Alfieri Tessa apparso su “Il Pagliaio” in occasione del 34° Palio dei Micci (28 Maggio 1989).


Il terzo dei Gonfaloni del Palio

Il terzo dei Gonfaloni del Palio

Il terzo dei Gonfaloni del Palio

Per completare “il racconto” del Maestro bisogna aggiungere che, a differenza di quel che Lui stesso pensasse al momento di scrivere quanto sopra, Il Consiglio della Pro Loco decise, nel 2000, di procedere alla realizzazione di un nuovo gonfalone per il semplice fatto che quello “in carica”, così come accaduto col primo gonfalone, passando di mano in mano specie nel giorno del Palio nonché durante i caroselli della vittoria, si era di molto deteriorato e si rischiava che fosse danneggiato irreparabilmente.
Il terzo Gonfalone, opera sempre di Alfieri Tessa, raffigurante ravvicinati i due precedenti gonfaloni del palio, prese vita negli stessi locali del precedente, alla Colombaia.

Il Gonfalone del Palio dei Palii

Palio Straordinario

Il Gonfalone del Palio dei Palii

Probabilmente il Tessa volle fare così perchè immaginava che quel gonfalone, sarebbe stato l’ultimo di suo pugno, anche se in realtà non andò così. Quando in occasione dei 50 anni del Palio venne organizzato il 25 settembre 2005, un Palio Straordinario, detto il “Palio dei Palii”. Il gonfalone, neanche a dirlo, fu di nuovo commissionato e realizzato dal Tessa, che per l’occasione ne realizzò due identici: uno, quello effettivamente messo in palio (e vinto dalla giovane fantina Martina Righi, sul miccio “Piccione”, rappresentanti il Palio di Ferrara), mentre l’altro, commemorativo, è generalmente esposto sulla balconata soprastante l’ingresso della chiesa di Querceta o viene temporaneamente esposto al Museo del Palio. A questo Palio parteciparono, ovviamente, le otto Contrade del Palio dei Micci, nonché le rappresentanze dei Palii di: Ferrara, Romano d’Ezzelino (VI), Bereguardo (PV), Cameri (NO), Torrita di Siena (SI), Roccastrada (GR), Orani (NU), Cuccaro Vetere (SA) e Perfugas (SS).
L’immagine sul drappo, è quella di Santa Maria Prope Portam. Così era chiamata un’antica chiesa oggi non più esistente nell’odierna zona di Montiscendi.

Conclusioni

Il primo Gonfalone, come spiegato nell’articolo dallo stesso Tessa, fu assegnato alla Contrada “La Lucertola” perché il regolamento prevedeva la definitva assegnazione alla Contrada che per prima avrebbe vinto il palio per 4 volte mentre il secondo Gonfalone, è custodito nella sede della Pro Loco, e ultimamente, esposto nel Museo del Palio in Via F.lli Rosselli a Querceta.

Il Maestro si spegnerà nella sua casa, alla Colombaia, nella serata dell’11 febbraio 2015, all’età di 93 anni.

Questo articolo, oltre che illustrare la storia dei gonfaloni del Palio, deve anche rinnovare l’orgoglio che un madonninese (forse il più madonninese di tutti in quanto lo stesso Alfieri fu l’ideatore della Contrada La Madonnina) abbia avuto un ruolo così importante nella storia della nostra manifestazione, realizzando (tra l’altro) quello che è, senza dubbio, il premio più ambito dalle otto Contrade.

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